Cass 6898/03
Regime di demanio pubblico per gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico o artistico
L'immobile di proprietà di un Comune, che, sebbene non iscritto nell'elenco di cui all'art. 4, comma 1, legge 1 giugno 1939, n. 1089, sia riconosciuto di interesse storico, archeologico o artistico ad opera della competente sovrintendenza ai monumenti, è soggetto, ai sensi del combinato disposto degli art. 822 e 824 c.c., al regime del demanio pubblico, con la conseguenza che il suo godimento da parte di terzi non può avvenire in base a contratti di diritto privato, ma è possibile soltanto sulla base di concessioni alla cui categoria devono ricondursi i rapporti concretamente instaurati, indipendentemente dal "nomen iuris" effettivamente usato nella relativa convenzione ed anche se con questa sia stato fatto riferimento alla locazione. Pertanto, le controversie attinenti al suddetto godimento - quando non abbiano ad oggetto indennità, canoni ed altri corrispettivi - sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 5, legge 6 dicembre 1971, n. 1034SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COMUNE DI MILAZZO, in persona del Sindaco pro - tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI VILLINI 4, presso lo studio dell'Avvocato ARTURO ANTONUCCI, rappresentato e difeso dall'avvocato NAZARENO SAITTA, giusta delega a margine del ricorso;
ricorrentecontro
AZIENDA AUTONOMA SOGGIORNO E TURISMO DI MILAZZO, in persona del legale rappresentante pro - tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. GRAMSCI 14, presso lo studio dell'avvocato MARIA TIZIANA SAFFIOTTI, rappresentata e difesa dall'avvocato FRANCESCO SCATTAREGGIA MARCHESE, giusta delega a margine del controricorso;
controricorrenteavverso la sentenza n. 262-00 della Corte d'Appello di MESSINA, depositata il 08-06-00;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13-03-03 dal Consigliere Dott. Roberto PREDEN;
udito l'Avvocato Arturo ANTONUCCI, per delega dell'Avvocato Nazareno SAITTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo MACCARONE che ha concluso per il rigetto con affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo.Fatto
Con atto notificato il 14.4.1998, il Comune di Milazzo conveniva davanti al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto l'Azienda autonoma soggiorno e turismo per sentir dichiarare cessata alla scadenza del 17.6.1999 la locazione dei locali siti all'interno del Convento dei Padri Carmelitani di Milazzo, alla convenuta concessi in uso con contratto dell'11.4.1990.
La convenuta eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, assumendo che non si verteva in tema di locazione, bensì di concessione di bene demaniale.
Il tribunale, con sentenza del 20.10.1999, disattesa l'eccezione, accoglieva la domanda e dichiarava cessata la locazione alla data del 17.6.1999; compensava le spese.
Pronunciando sull'appello del Comune di Milazzo, la Corte d'appello di Messina, con sentenza dell'8.6.2000, lo accoglieva e dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.
Considerava:
che dalla documentazione in atti, ed in particolare dalla nota del 17.1.2000 dell'Assessorato per i beni culturali ed ambientali - Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Messina, risultava che il complesso sito in Milazzo, costituito dalla Chiesa del Carmine con annesso Convento dei padri Carmelitani, del quale costituiscono parte integrante i locali concessi in uso alla Azienda autonoma soggiorno e turismo, è immobile sottoposto ope legis alla disciplina della legge n. 1089 del 1939, quale bene di particolare interesse storico e architettonico di proprietà di ente pubblico;
che, stante la soggezione del suddetto complesso al regime del demanio pubblico, il godimento da parte di terzi non può avvenire in base a contratti di diritto privato, ma è possibile soltanto sulla base di concessioni e che a tale categoria devono ricondursi i rapporti concretamente instaurati, indipendentemente dal nomen iuris effettivamente usato nella relativa convenzione;
che le controversie attinenti al suddetto godimento, quando non abbiano ad oggetto indennità, canoni ed altri corrispettivi, sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 5 della legge n. 1034 del 1971.
Avverso la sentenza il comune di Milazzo ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Ha resistito, con controricorso, l'Azienda autonoma soggiorno e turismo.Diritto
1. Con il primo motivo, denunciando erronea dichiarazione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, in relazione all'art. 360, n. 1, c.p.c., il ricorrente svolge tre censure.
Assume quanto segue:
a) la p.a. ha concluso un contratto di locazione, avvalendosi di uno strumento privatistico, e le controversie sorte nell'ambito di un negozio concluso dalla p.a. iure privatorum appartengono alla giurisdizione ordinaria;
b) la ritenuta demanialità del bene dato in locazione non poteva precludere alla p.a. di ottenerne il rilascio, anziché mediante i propri poteri di polizia demaniale, mediante una azione di rilascio per finita locazione davanti al giudice ordinario;
c) pur ammettendo che il bene dato in locazione debba ritenersi demaniale, e che, pertanto, il contratto di locazione debba convertirsi in concessione, questa, al momento della proposizione dell'azione di rilascio, era scaduta, e più non sussisteva, secondo la giurisprudenza delle S.U. (sent. n. 128-2000) la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
1.1. Il motivo è infondato sotto ogni profilo.
Queste Sezioni unite, esaminando una fattispecie del tutto analoga, hanno statuito che l'immobile di proprietà di un Comune che, sebbene non iscritto nell'elenco di cui all'art. 4, comma 1, della legge 1.6.1939 n. 1098, sia riconosciuto di interesse storico, archeologico o artistico ad opera della competente Sovrintendenza ai monumenti, è soggetto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 822 e 824 c.c., al regime del demanio pubblico, con la conseguenza che il suo godimento da parte di terzi non può avvenire in base a contratti di diritto privato, ma è possibile soltanto sulla base di concessioni alla cui categoria devono ricondursi i rapporti concretamente instaurati, indipendentemente dal nomen iuris effettivamente usato nella relativa convenzione ed anche se con questa sia stato fatto riferimento alla locazione; pertanto, le controversie attinenti al suddetto godimento - quando non abbiano ad oggetto indennità, canoni ed altri corrispettivi - sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 5 della legge 6.12.1971 n. 1034 (sent. n. 268-1993).
Dei suindicati principi ha fatto puntuale applicazione la corte territoriale, ed alla stregua dei medesimi risultano palesemente infondati i primi due profili di censura, in quanto postulano erroneamente la qualificazione del rapporto come locazione.
E del pari infondato è il terzo profilo, poiché il ricorrente, pur riconoscendo che si verte in tema di concessione, al fine di escludere la giurisdizione del giudice amministrativo enuncia una erronea premessa di fatto, atteso che, come emerge dagli atti, il rapporto era in corso alla data di instaurazione del giudizio, promosso can atto del 14.4.1998 in relazione alla futura scadenza del 17.6.1999.
2. Con il secondo motivo, denunciando violazione dell'art. 7 del d.lgs. 29.10.1999 n. 490 (artt. 7, comma 1, e 8 della legge 7.10.1990 n. 241), in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., assume il ricorrente che il riconoscimento della natura demaniale dell'immobile dato in locazione è stato compiuto sulla base di un provvedimento amministrativo illegittimo, per omessa comunicazione al proprietario del bene dell'avvio del procedimento di dichiarazione di particolare interesse storico e architettonico, che deve essere come tale disapplicato dalla S.C..
2.1. Il motivo non è fondato.
La censura introduce una questione che, in quanto postula indagini su elementi di fatto non desumibili dagli atti già acquisiti al processo, dei quali soltanto può tenere conto la S.C., anche se investita ai sensi dell'art. 360, n. 1, c.p.c., è inammissibile in questa sede.
3. Con il terzo motivo, denunciando violazione dell'art. 1424 c.c., in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., assume il ricorrente che il giudice di merito avrebbero operato una conversione del contratto, da locazione a concessione, in difetto dei presupposti richiesti dalla suindicata disposizione.
3.1. Il motivo è infondato.
Non è pertinente il richiamo alla disciplina della conversione del negozio nullo. Nella specie non si verte in tema di conversione di negozio nullo, ma di qualificazione del negozio quale concessione, in virtù della natura demaniale del bene oggetto del godimento.
4. In conclusione, il ricorso è rigettato; va dichiarata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
5. Le spese seguono la soccombenza.P.Q.M
La Corte rigetta il ricorso; dichiara la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 100,00 per spese vive, oltre Euro 2.500,00 per onorari
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